Più penso alla morte di Michele Scarpone e più, pur non avendolo mai conosciuto di persona, non ci credo o non ci voglio credere.
Sono consapevole che correre in bici sia pericoloso, ma tra tutti i ciclisti del mondo perché proprio lui che mi è sempre sembrato così simpatico, onesto, limpido, alla mano?
Se pensiamo ad una persona con queste caratteristiche, la pensiamo e la vogliamo immaginare arrivare almeno fino a 100 anni!
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domenica 23 aprile 2017
Addio al simpatico Michele Scarponi!
Purtroppo il bravo e simpatico Michele Scarponi è morto!
E' morto non a causa di una malattia. Non per mano di qualcuno. Non per un incidente domestico o stradale tra due auto, ad esempio. No, è morto in bici mentre si stava allenando vicino a casa sua.
Pazzesco. E' una notizia triste, tragica per uno abituato a correre in giro per il mondo da circa 15 anni. Per uno abituato a correre sotto ogni condizione climatica, in pianura e in montagna, ecc. Morire vicino a casa in una triste zona industriale per colpa di un autista di un furgone che non dà la precedenza mette davvero tanta tristezza. Ed è pure il colmo, perché sono sicuro che ieri mattina (22 aprile 2017) nessuno dei suoi famigliari era preoccupato per la sua sgambata, mentre magari lo erano quando partiva per partecipare ai vari Tour.
Probabilmente quando si pedala da soli, per allenamento o per passatempo, in una zona da straconosciuta, si abbassano i livelli di guardia e si sottovalutano tante cose, perché pensiamo che il pericolo risieda nei grandi centri abitati e in montagna.
Invece basta un'auto che sbuca e sbam! Tutto finito.
Nel caso specifico penso che sia il ciclista che l'autista abbiano sottovalutato la presenza di altri utenti della strada: il ciclista professionista, in quanto tale, è abituato a pedalare molto velocemente senza interruzioni o quasi; l'autista pensando al ponte festivo, avrà sottovalutato la presenza di altre persone per strada e vi posso assicurare che a volte vedere una bici sbucare di lato è verametne difficile.
E' morto non a causa di una malattia. Non per mano di qualcuno. Non per un incidente domestico o stradale tra due auto, ad esempio. No, è morto in bici mentre si stava allenando vicino a casa sua.
Pazzesco. E' una notizia triste, tragica per uno abituato a correre in giro per il mondo da circa 15 anni. Per uno abituato a correre sotto ogni condizione climatica, in pianura e in montagna, ecc. Morire vicino a casa in una triste zona industriale per colpa di un autista di un furgone che non dà la precedenza mette davvero tanta tristezza. Ed è pure il colmo, perché sono sicuro che ieri mattina (22 aprile 2017) nessuno dei suoi famigliari era preoccupato per la sua sgambata, mentre magari lo erano quando partiva per partecipare ai vari Tour.
Probabilmente quando si pedala da soli, per allenamento o per passatempo, in una zona da straconosciuta, si abbassano i livelli di guardia e si sottovalutano tante cose, perché pensiamo che il pericolo risieda nei grandi centri abitati e in montagna.
Invece basta un'auto che sbuca e sbam! Tutto finito.
Nel caso specifico penso che sia il ciclista che l'autista abbiano sottovalutato la presenza di altri utenti della strada: il ciclista professionista, in quanto tale, è abituato a pedalare molto velocemente senza interruzioni o quasi; l'autista pensando al ponte festivo, avrà sottovalutato la presenza di altre persone per strada e vi posso assicurare che a volte vedere una bici sbucare di lato è verametne difficile.
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